Gli Archivi nella Storia

Il percorso attraverso le epoche degli archivi è da sempre stato strettamente collegato a quello della selezione della memoria.
Spesso gli archivi non sono pervenuti in forma completa, possiamo anzi affermare che di tutti gli archivi creati nella storia a noi sono arrivati i residui: sono stati dispersi, hanno subito varie traversie come frequenti incendi e guerra e i supporti dei documenti stessi si sono deteriorati a tal punto da determinare spesso la scomparsa di interi archivi.
Si pensi ai fragili papiri egizi che non sono arrivati fino a noi.

Tuttavia è ormai certa che l’origine degli archivi sia stata prima di tutto amministrativa.

I primi esempi di archivi conosciuti sono infatti nati dall’esigenza di gestire i tributi in natura richiesti alle popolazioni.

Nei popoli antichi l’insaziabile sete di tributi ebbe una conseguenza inattesa, servì infatti a diffondere 2 cose che tutti noi ancora usiamo: la scrittura prima cuneiforme e poi alfabetica e gli archivi.
Nel IV millennio a.c. le tavolette di argilla incise dai Sumeri erano usate per tenere traccia dei prodotti immagazzinati nei palazzi e nei templi e redistribuiti alla popolazione.
Molti degli edifici antichi, che oggi ci lasciano stupefatti per la loro grandezza ma anche per le loro stanze vuote e silenziose, erano quindi un tempo luoghi di raccolti di imponenti archivi.
Non solo i templi Sumeri, pensiamo anche ai resti del Tabularium presente a Roma: i documenti di tutto l’impero Romano, dalla Britannia all’Asia Minore venivano raccolti e conservati lì, nel cuore di una Città, nel centro di un Impero.

Grande importanza veniva attribuita a questi luoghi di conservazione degli archivi: nell’antica Babilonia era l’Edubba, che conteneva tavolette di argilla con atti di governo, liste di popolazioni, bilanci dello stato e gli Archeion nell’antica Grecia, che servivano anche certificare la veridicità degli atti contenuti.

l forte legame tra luogo e documenti è testimoniato dalla radice della parola “arch” che significa potere, autorità. Non è quindi un caso che negli archivi pubblici antichi venissero conservati documenti autentici dal valore probatorio.

Nel Medioevo, i Comuni se ne servivano per attestare la propria posizione di indipendenza e autonomia rispetto al potere imperiale.

E dai monarchi o i sovrani se ne servivano per dimostrare la loro supremazia e il loro potere nei confronti dei rivali. Infatti gli archivi erano talmente importanti e preziosi che seguivano la corte duranti i frequenti viaggi, non venivano mai abbandonati.

Anche nel Rinascimento e nei secoli successivi secoli gli archivi mantengono il ruolo di certificazione del potere.

Basti pensare che il 3 novembre Nel 1777 a Genova il 3 novembre, quando, narrano le cronache, il palazzo ducale venne devastato da un incendio si fece di tutto per evitare che le fiamme raggiungessero l’archivio e l’armeria con le munizioni. Si cercò di salvare i I due elementi centrali che definivano l’autorità per il potere: le carte e le armi.

Accanto a quelli dei sovrani, presto grande importanza venne attribuita anche gli archivi ecclesiastici e gli archivi di grandi famiglie che servivano per conservare documenti relativi ai titoli nobiliari acquisiti o addirittura, in caso alcuni esponenti avessero nel tempo rivestito cariche pubbliche di prestigio, anche documenti relativi alle loro carriere dato che, al termine del servizio, venivano spesso prelevati e portati nei propri archivi privati. Il mantenimento di privilegi, concessioni o proprietà verrà sempre più legato alla possibilità di esibire i documenti che ne compravano i diritti. Si iniziò pertanto a non eliminare gli archivi non più in uso, ma a conservarli.

Con la seconda metà del ‘700 gli archivi cominciarono ad essere aperti al pubblico, alla cittadinanza. Grande importanza venne quindi attribuita all’uso politico degli archivi.
A questo cambio di prospettiva contribuì la rivoluzione francese: la confisca dei beni ecclesiastici o la cancellazione di interi stati impose di raccoglierne gli archivi in strutture dedicate.

Nel corso dell’800 e poi del ‘900 gli archivi sono sempre più stati considerati come una fonte preziosa per la ricerca storica: come affermato da Isabella Zanni Rosiello, da arsenali di potere, si sono trasformati in laboratori per la storia.