Le fasi di vita: l’archivio corrente
Spesso, quando pensiamo a un archivio, immaginiamo un blocco unitario e monolitico di documenti ordinatamente riposti (situazione ottimale) in ambienti progettati allo scopo.
Questo blocco, prima di arrivare a noi ha subito delle trasformazioni che sono strettamente correlate alle sue diverse fasi di esistenza.
Mentre si forma, cioè alla sua nascita, viene chiamato archivio corrente: il soggetto che lo produce progressivamente raccoglie la documentazione relativa alle attività in corso, organizzandola secondo criteri logici e funzionali per poterla reperire velocemente ed usare in modo molto frequente. Viene qui a crearsi quel filo rosso che lega i documenti tra loro e che caratterizza in maniera inequivocabile l’archivio come tale: il vincolo archivistico.
Un altro degli elementi fondamentali per la corretta gestione corrente dei documenti é la loro aggregazione in fascicoli: a seconda dei diversi affari trattati i documenti andranno a costituirli in maniera quasi spontanea con lo sviluppo della pratica a cui si riferiscono,
Alle volte, in talune realtà organizzate, i fascicoli saranno a loro volta organizzati secondo un piano di classificazione, che altro non è se non una struttura logico-funzionale precostituita, diversa per ogni tipo di amministrazione, che aiuta ad organizzare i documenti. Oltre al reperimento in tempi rapidi, questo piano aiuta anche la corretta sedimentazione nel tempo delle pratiche e rispecchia lo sviluppo dell’attività svolta dai diversi uffici. Mentre il flusso documentale, fin dalla sua nascita, è organizzato e attentamente normato negli uffici dello Stato e degli Enti pubblici, cosa accade invece per quanto riguarda gli archivi di privati o delle imprese?
Per questi tipi di realtà non c'è nessuna regola universale il legislatore non ha previsto alcuna norma per la tenuta degli archivi: la gestione documentale dipende esclusivamente dalla volontà individuale e spesso l’organizzazione della documentazione avviene in un periodo successivo rispetto alla creazione dei documenti e alla loro sedimentazione, quando per esempio si crea troppo disordine e questi non sono più reperibili con una certa praticità.
Questo ordine poi può essere del tutto soggettivo e a volte può dipendere da un solo funzionario e può cambiare continuamente fino a generare ancora più disordine o la perdita della documentazione utile ai fini pratici dell’azienda.
È evidente che durante la fase corrente, i documenti hanno una forte connotazione giuridica e amministrativa, che poi man mano va a perdersi, quando l’archivio passa alla fase di vita successiva.
E l’archivista? Qual’è il suo ruolo in questa fase cruciale di vita dell’archivio?
Sarà certamente di fondamentale importanza per garantire la corretta sedimentazione dei documenti, in certi tipi di realtà sarà anche chiamato a gestire il flusso di documentazione in arrivo e in uscita, sia in riferimento a documenti cartacei che digitali, sfida tutt’altro che banale in un’epoca in cui si sta attuando la transizione verso una gestione completamente digitale dei documenti.
Uno degli aspetti più affascinanti che contraddistingue un archivista da altre professionalità è infatti il privilegio di intervenire fin dall'origine sull’oggetto del proprio lavoro. Un archeologo ad esempio opera su qualcosa che è stato creato e usato nel passato, su qualcosa di “morto” possiamo dire. Un archivista, oltre a ricostruire e preservare gli archivi storici, ha l’opportunità di influenzare qualcosa di vivente e guidare la costituzione degli archivi in formazione. Si pone, come in una sorta di macchina del tempo, in diretto dialogo con chi si occuperà dello stesso archivio in futuro.